Rapporto qualità-prezzo e utilità
Marketing

Rapporto qualità-prezzo e utilità

Uno dei due concetti è inutile, l’altro per definizione non lo è. Quale credi abbia senso usare nella strategia di vendita?

Il rapporto qualità-prezzo è una delle argomentazioni di vendita più utilizzate dalle aziende, dietro cui c’è l’assunto che per spingere il possibile cliente a comprare sia necessario presentargli la prospettiva di concludere un buon affare. Dal lato del consumatore, è una delle principali motivazioni di acquisto, che poggia sulla convinzione (o piuttosto la speranza) che si otterrà il meglio al prezzo più conveniente.

Questo concetto, per quanto utilizzato comunemente nella compravendita, è valido solo in apparenza perché manca di oggettività. Cosa significa realmente che un certo prodotto o servizio offre il miglior rapporto qualità-prezzo? Com’è possibile attribuire un valore quantitativo a questo parametro? Il fatto è che qualità e prezzo sono variabili soggettive poiché dipendono dalla percezione del singolo individuo.

La qualità, in particolare, è difficile da definire in modo obiettivo, sia che la si intenda nell’accezione di pregio, sia che la si intenda come l’insieme delle caratteristiche intrinseche ed estrinseche di un bene. Nel primo caso, il metro con cui si misura la qualità di un prodotto o servizio varia da persona a persona: un aspetto che per qualcuno è indice di valore può non esserlo per qualcun altro; di conseguenza, alcuni individui ritengono di qualità un certo bene, mentre altri non lo apprezzano allo stesso modo. Nel secondo caso, capita spesso che anche prodotti e servizi simili non presentino esattamente le stesse caratteristiche; inoltre, in base alla persona, alcune di esse sono più importanti di altre; per questo motivo, anche beni affini possono essere considerati di qualità differente.

Il prezzo, sebbene si esprima attraverso un preciso dato numerico, risente anch’esso della percezione soggettiva che, in più, può variare in base al contesto. Una determinata cifra associata a un bene può essere giudicata troppo alta da alcune persone, giusta o persino bassa da altre, a seconda della disponibilità economica e del valore che ciascuno assegna al denaro. Inoltre, il giudizio in merito al prezzo risente della cornice in cui è inserito l’acquisto del prodotto o servizio; ad esempio, per una bottiglia di acqua minerale servita in un ristorante di lusso si è disposti a pagare un importo di gran lunga maggiore rispetto a quanto si farebbe in un supermercato. Da considerare, ancora, la componente psicologica che porta molti individui a ritenere la qualità direttamente proporzionale al prezzo: maggiore è il prezzo, più si ha l’impressione che il bene sia di alta qualità.

Da quanto espresso risulta evidente che mettere in rapporto tra loro qualità e prezzo è poco ragionevole. Per esempio, confrontando due smartphone diversi, che senso ha dire che il primo ha un rapporto qualità-prezzo migliore del secondo? Al limite sarebbe più logico mettere in relazione il prezzo con singole caratteristiche fisiche del prodotto, come la memoria, la durata della batteria, le dimensioni del display ecc., che sono oggettivamente misurabili e comparabili. Ma risulterebbe una valutazione comunque insufficiente a esprimere un giudizio di valore completo perché rimarrebbero esclusi aspetti come il design, l’estetica, le funzionalità, la gradevolezza nell’interazione che sono puramente soggettivi e opinabili. La cosa, poi, si complica ulteriormente se si deve valutare il rapporto qualità-prezzo di un servizio, perché in questo caso entrano in gioco fattori che incidono ancor di più sulla percezione individuale; basti pensare ad aspetti come la precisione, la velocità di esecuzione, la cortesia e la professionalità del fornitore per rendersi conto di quanto sia difficile eseguire un confronto ed esprimere un parere oggettivo.

Dunque, insistere sul rapporto qualità-prezzo come argomentazione esclusiva di vendita (unique selling proposition) non è una strategia di marketing molto efficace. Non lo è soprattutto se parliamo di prodotti e servizi premium, per i quali non si compete sul prezzo, ma su caratteristiche valoriali legate al brand capaci di distinguere l’offerta da quella della concorrenza. In questi casi la partita si gioca su come il pubblico percepisce la qualità del bene connessa alla sua capacità di soddisfare determinati bisogni, specialmente quelli che occupano la parte alta della piramide di Maslow, relativi all’identità, alla realizzazione di sé e all’affermazione all’interno del proprio gruppo sociale. A questo livello perde del tutto importanza il rapporto qualità-prezzo e assume rilievo il concetto di utilità.

In base alla definizione che ne viene data in economia, l’utilità è la capacità di un bene di soddisfare un bisogno. È una misura della felicità o della soddisfazione individuale, quindi un concetto soggettivo che varia da persona a persona. Secondo questo principio, siamo disposti a spendere una certa somma di denaro per l’acquisto di un prodotto/servizio se l’utilità che ricaviamo dal suo possesso/utilizzo – in termini di appagamento e piacere – vale più dei soldi spesi.

Mettere l’utilità dell’offerta al centro della strategia significa concentrarsi sulle reali esigenze del pubblico con l’intenzione di soddisfarle pienamente sotto ogni aspetto. Intorno a questo obiettivo va costruita la proposta unica di vendita, in maniera tale che le persone possano fare scelte di valore indipendenti dalla convenienza economica, scelte che le rendono felici e appagate.

In quest’ottica, la qualità è svincolata dal prezzo perché deriva dalla relazione tra il bisogno umano e la capacità del bene di soddisfarlo al meglio. Se si verifica questo, l’offerta diventa differenziante, perché unica e insostituibile agli occhi del pubblico, e il prezzo diventa irrilevante.

Punti di vista (4)

  1. Maestro Antonello Ungolo

    Io penso che la cosa deve essere prima di tutto utile non per farsi vedere belli. Poi se e’ bella e utile meglio pero’ bisogna concentrarsi sull’utile non sul bello. La Bibbia.

    1. Emilio

      Non per farsi vedere belli… Maestro sei un Grande !!!

  2. Nico

    Il concetto di “rapporto” presuppone che si tratti di una quantità adimensionale: quindi, essendo il prezzo misurato in euro, anche la qualità deve essere necessariamente misurata in euro. Un buon compromesso potrebbe essere quello di definire la qualità ottimale (100%) come il doppio del prezzo “medio” di un certo campione (2 x 50%). Ad esempio, a Milano il costo medio di una pizza margherita è di €6,50: quindi il prezzo di un ottimo prodotto in quel luogo (dove i costi sono comparabili) è di €13, e non può costare più di €13. Da Cracco, a Milano, costa €22, quindi il rapporto è 13/22=0,59. Da Sorbillo, sempre a Milano, costa €9,40, quindi il rapporto è 13/9,4=1,38.

    1. Carmelo Giancola

      Ciao Nico e grazie per il tuo commento. Nell’esempio che fai si evince che il rapporto qualità-prezzo della pizza da Cracco è basso rispetto a Sorbillo e alle pizzerie “medie” di Milano. Ma il ragionamento nasconde una falla dal momento che considera la qualità in funzione di un’unica variabile, il costo della pizza, senza tenere conto di tanti aspetti, alcuni di natura materiale (ingredienti, location, servizio ecc.), altri di natura immateriale ancor più difficili da quantificare (percezione, esperienza, soddisfazione personale ecc.). Secondo te chi va a mangiare la pizza da Cracco lo fa soltanto per la pizza?

E tu cosa ne pensi?