Dizione e comunicazione sono in stretto rapporto tra loro, ma il valore di questo legame è troppo spesso sottovalutato. Perché è importante avere una dizione corretta e come ottenerla?

Parlare in pubblico, anche i re hanno dovuto imparare
Ad alcuni provoca ansia e imbarazzo, ad altri scatena una paura seconda solo a quella della morte. Diciamolo apertamente: parlare in pubblico è più facile a dirsi che a farsi. Si fa per dire...
The King’s Speech (Il discorso del re) è un film del 2010 diretto da Tom Hooper, con protagonisti Colin Firth e Geoffrey Rush. È ispirato alla storia vera di re Giorgio VI d’Inghilterra il quale, affetto da balbuzie, si rivolge al logopedista australiano Lionel Logue che gli insegna come superare la paura di parlare in pubblico. Per la cronaca, ha ricevuto 12 candidature agli Oscar vincendone 4. Un gran bel film davvero, non c’è che dire.
Si chiama glossofobia, è la paura di parlare in pubblico che, stando a una statistica americana, risulta la fobia più diffusa dopo quella di morire. Nella maggior parte dei casi non è di natura patologica (come nel caso della dislalia di re Giorgio VI) ma irrazionale, dovuta a emozioni e a pensieri negativi associati a un’esperienza pregressa o all’insicurezza nell’affrontare situazioni a cui non siamo abituati. Tra i sintomi più comuni ci sono: ansia, tachicardia, aumento della pressione e della sudorazione, nausea, salivazione azzerata, irrigidimento dei muscoli, voce tremante. Di solito è causata dal timore di non essere adeguati, di non sapere cosa dire, di non avere un buon aspetto fisico o una bella voce, di sentirci giudicati da chi ascolta.
Questo stato di panico si manifesta quando dobbiamo affrontare una platea che non conosciamo, soprattutto se ci è richiesto di parlare al microfono, perché ci sentiamo di colpo al centro dell’attenzione. Nella vita di tutti i giorni, invece, quando siamo in famiglia, tra amici, in compagnia dei colleghi, non abbiamo alcuna difficoltà a tenere un discorso in pubblico, perché ci sentiamo a nostro agio nei luoghi e tra le persone che frequentiamo abitualmente. In condizioni normali, quindi, chiunque è in grado di parlare a una platea.
L’ars oratoria è una forma di comunicazione verbale particolarmente difficile da apprendere e padroneggiare. Indipendentemente dalla professione che si esercita – re, insegnante, formatore, politico, manager, presentatore, ecc. – saper parlare in pubblico in occasione di una presentazione, di una conferenza, di una riunione di lavoro, o anche solo per raccontare una storia, non è semplice: esporre i contenuti con chiarezza, essere convincenti ed esaustivi nel poco tempo a disposizione non è affatto scontato. Per molte persone è un ostacolo quasi insormontabile, ma con l’esercizio e una buona dose di volontà tutti possono riuscirci.
“Chiunque riesca a gridare vocali da una finestra aperta può imparare a tenere un discorso.” – Lionel Logue (Geoffrey Rush) in The King’s Speech
In questo articolo fornisco alcuni consigli utili per imparare a parlare in pubblico senza ansia e con disinvoltura. Chiaramente per diventare bravi oratori occorrono tempo e impegno costante, ma questi suggerimenti sono di certo buoni per iniziare a migliorarsi.
Preparazione
Non possiamo prescindere dal conoscere perfettamente l’argomento di cui dobbiamo discutere. Questo è il principale elemento che ci consente di apparire spontanei e naturali, risultando autorevoli, credibili e competenti al pubblico. Sembreremo più sicuri, saremo in grado di rispondere a eventuali domande e non perderemo il filo.
Il discorso va preparato per bene e con largo anticipo, gli argomenti devono essere organizzati in una sequenza logica e distribuiti accuratamente tra incipit, parte centrale e conclusione. È opportuno preparare una scaletta, mentale o scritta, con i concetti chiave dell’intervento bene in evidenza e più di un attacco con cui incuriosire e coinvolgere chi ci ascolta.
L’arte di parlare in pubblico si perfeziona con l’esercizio. Il discorso va ripetuto più e più volte fino ad assorbirlo completamente; l’ideale è farlo anche in presenza di altre persone, come amici e familiari, che potranno farci notare gli aspetti da migliorare. Non puntare sull’improvvisazione: chi improvvisa in realtà ha studiato bene come farlo, anzi più sembra naturale e più ci ha studiato sopra. Altra cosa importante è non imparare il discorso a memoria, perché una distrazione o un’interruzione potrebbero bloccarci e rendere difficile una fluida continuazione; inoltre, rischieremmo di apparire innaturali, artificiosi e noiosi.
Abbigliamento
È fondamentale vestirsi in modo adeguato all’occasione in cui si parla: una riunione informale in ufficio è diversa da un convegno o da una lezione universitaria. Non bisogna sottovalutare il potere persuasivo dell’abito su chi abbiamo di fronte e la sua capacità di farci apparire autorevoli.
D’altro canto, però, è sempre bene evitare un abbigliamento che ci faccia sentire a disagio e che non riesca a comunicare con efficacia la nostra identità.
Postura
La posizione che facciamo assumere al corpo dice molto sul nostro carattere e sul nostro stato d’animo. È importante avere una posizione eretta, aperta, con le spalle rilassate, il petto sollevato, la schiena dritta e il peso distribuito su entrambi i piedi. Una postura curva, infatti, esprime insicurezza e instabilità.
È sconsigliabile tenere le braccia conserte o le mani incrociate perché hanno un significato di chiusura, di scarsa disponibilità.
In generale, è preferibile mantenere una postura che ci faccia apparire rilassati, che renda i movimenti spontanei, e che trasmetta agli altri le emozioni che proviamo e che vogliamo condividere.
Gesti
L’ansia di parlare in pubblico è di solito accompagnata da una gesticolazione eccessiva nel tentativo di attenuare la tensione. È un comportamento da evitare perché distrae le persone a cui ci rivolgiamo, distogliendole dal contenuto dell’intervento.
Le mani possono diventare un problema: devono essere visibili mentre si parla, per comunicare sincerità e apertura, ma bisogna sapere dove metterle. Alcune buone regole:
- mai tenerle in tasca;
- mai appoggiarle sul tavolo a sorreggere il busto, se stiamo in piedi;
- mai metterle sotto il tavolo, se stiamo seduti;
- mai tenerle dietro la schiena o sui fianchi.
Se siamo seduti, possiamo poggiarle in modo naturale con i polsi sul tavolo o, in assenza di questo, tenerle in grembo. Se siamo in piedi, possiamo tenerle lungo i fianchi o possiamo impegnarle reggendo una penna o un foglio (a patto di non agitarli troppo).
In linea di principio, i nostri gesti devono assecondare garbatamente le parole che pronunciamo, usandoli per sottolineare i concetti che vogliamo esprimere.
Contatto visivo
Stabilire un contatto visivo con la nostra audience quando teniamo un discorso in pubblico è davvero importante per rendere efficace l’esposizione. Guardare le persone negli occhi, senza fissarle troppo a lungo per non metterle a disagio, aumenta la partecipazione e il coinvolgimento.
Lo sguardo deve muoversi equamente in tutte le direzioni, coprendo le varie zone della sala e intercettando globalmente tutti i presenti. Ognuno deve sentirsi come il destinatario unico del messaggio.
Sorriso
Sorridere predispone il pubblico a reagire positivamente. Ciò è dovuto ai neuroni specchio che portano le persone a rispecchiare il comportamento di chi hanno di fronte.
Più il sorriso è genuino, meglio viene recepito: ci farà percepire come autentici, sicuri di noi stessi e perfettamente a nostro agio. Diversamente, un sorriso finto potrebbe far nascere sensazioni negative nel pubblico.
Respirazione
Prima di iniziare a parlare davanti al pubblico è importante respirare profondamente per calmarci: inspirare a fondo con il naso, espirare lentamente con la bocca, cercando di utilizzare il diaframma per riempire e svuotare i polmoni. Ripetere gli esercizi di respirazione diverse volte fino a sciogliere lo stato di tensione e agitazione.
Durante l’esposizione è necessario controllare il respiro accompagnandolo all’emissione dei suoni per scandire al meglio le parole.
Voce
– Lionel: “Perché dovrei sprecare il mio tempo ad ascoltarvi?”
– Re Giorgio VI: “Perché io ho una voce!”
– Lionel: “Sì, è così.“
(The King’s Speech)
Conoscere la propria voce è un fattore che può incidere significativamente sulla resa del discorso.
La maggior parte delle persone non ama il suono della propria voce, o quantomeno lo trova “strano”, perché non è abituata ad ascoltarlo. Questo può causare un certo disagio quando si deve parlare in pubblico perché si ha paura che anche gli altri provino la stessa cosa.
È importante, dunque, familiarizzare con la nostra voce, per esempio registrandola e riascoltandola, in modo da capire quali sono le tonalità e le sfumature che meglio esprimono le nostre emozioni e che ci consentono di sfruttare al massimo lo strumento vocale che abbiamo a disposizione.
Dizione e pronuncia
Parlare bene in pubblico vuol dire anche curare dizione e pronuncia. Molte difficoltà, infatti, si evidenziano quando non si è padroni della lingua e si teme di cadere in errori grossolani.
La consapevolezza di esprimerci correttamente, senza difetti di emissione vocale o dubbi sull’esatta pronuncia delle parole, ci aiuta a essere più sicuri, potenzia la nostra capacità comunicativa, rafforza il messaggio che intendiamo trasmettere e valorizza la nostra personalità.
Presentarsi
“Vi esorto solo a non farvi governare dalla paura.” – Lionel Logue (Geoffrey Rush) in The King’s Speech
Se non abbiamo la fortuna di essere presentati alla platea da qualcuno, dobbiamo farlo da soli dicendo chi siamo, perché siamo lì e di cosa parleremo. È il primo contatto con il pubblico, il momento in cui la fobia di parlare raggiunge il massimo livello.
Una cosa da evitare nel presentarci è fare la cantilena, ovvero elencare le cose che ci riguardano (mi chiamo…, mi occupo di…, lavoro per…) facendo fare alla voce dei sali e scendi che rendono l’esposizione infantile e scolastica. Dobbiamo controllare l’intonazione pronunciando ogni frase con il punto fermo alla fine: Mi chiamo … . Mi occupo di … . Lavoro per … .
Per rompere il ghiaccio e gestire l’emozione si può cominciare con una battuta, magari autoironica, meglio se non improvvisata ma preparata come formula di attacco del discorso.
Inizio
“Aspettando che sia io a cominciare una conversazione si rischia di aspettare abbastanza a lungo.” – Re Giorgio VI (Colin Firth) in The King’s Speech
L’incipit è la parte più importante dell’intervento, la fase in cui si gettano le basi per la sua riuscita. Catturare l’interesse delle persone è basilare, per questo bisogna offrire loro valide ragioni per ascoltarci. Un valido espediente è anticipare l’argomento del discorso, illustrando i punti salienti che tratteremo; in tal modo forniremo al pubblico una direzione da seguire che lo renderà più attento e coinvolto.
Esposizione
– Lionel: “Le lunghe pause vanno bene, aggiungono solennità alle grandi occasioni.”
– Re Giorgio VI: “Allora io sono il più solenne Re mai esistito.”
(The King’s Speech)
Parlare in pubblico significa porsi il problema che persone diverse, con caratteri, pensieri e background diversi, comprendano e si interessino a quello che abbiamo da dire.
Dobbiamo utilizzare un linguaggio semplice, il più possibile privo di termini tecnici e forestierismi, ricorrendo quando serve a esempi, metafore e citazioni che sollecitino la capacità di immaginazione e visualizzazione dell’uditorio.
Il modo di esporre deve essere pacato, senza accelerazioni o eccessivi rallentamenti, con il respiro misurato che aiuti a scandire bene le parole.
L’uso delle pause è essenziale: servono a chi ci ascolta per assimilare il concetto appena espresso e a creare attesa per quello che stiamo per dire.
Ricordare che l’attenzione è massima nei primi dieci minuti, trascorsi i quali dobbiamo essere bravi a non annoiare e a far restare concentrati gli ascoltatori. A tal fine è bene variare i toni del linguaggio, rivolgere domande al pubblico, introdurre qualcosa che stimoli la curiosità e faccia proseguire nell’ascolto.
Infine, non scusarsi mai in caso di errore o problemi di altro genere, così da non attirare l’attenzione su questi aspetti distogliendo dal tema dell’incontro. Proseguire, invece, senza soluzione di continuità, oppure scherzarci su – ma solo se si è sicuri di far ridere – per conquistare la simpatia dei presenti.
Chiusura
La conclusione del discorso è importante tanto quanto l’incipit perché determina la qualità del ricordo che il pubblico avrà di noi.
Non dobbiamo dare l’impressione di avere fretta di chiudere, né di allungare il brodo perché abbiamo terminato gli argomenti, per cui è necessario dosare bene i tempi dell’intervento ed essere pronti a tagliare o ad aggiungere le cose da dire a seconda della situazione.
È bene fare un riassunto di quanto detto, offrire spunti di riflessione e cercare di raccogliere il feedback della platea.
Giunti al termine, ringraziamo e salutiamo il pubblico sperando in un caloroso e intenso applauso come risposta.
Punti di vista