Non importa la grandezza, ogni azienda ha un capitale narrativo con il quale costruire una o più storie da condividere. Conosci il tuo?

La ‘sospensione dell’incredulità’ nel racconto pubblicitario
Lo storytelling dei brand può dar luogo a una narrazione che trasporta i consumatori in un mondo immaginario, dove il dubbio è sospeso e la comunicazione è più efficace.
Ogni giorno siamo coinvolti in qualche racconto mediale: film, serie tv, romanzi, spot pubblicitari comunicano storie che la maggior parte delle volte sono inventate. Spesso i racconti ci trasportano in un mondo immaginario dove non vigono le regole razionali a cui siamo abituati nel mondo reale; le trame ci richiedono di abbandonare gli schemi cognitivi abituali e noi, per addentrarci nella storia e seguirne lo svolgimento, accettiamo come ‘valido’ ciò che ci viene presentato.
Tale meccanismo semiotico, definito anche contratto di veridizione (Greimas, 1983) o patto funzionale (Eco, 1994), fa sì che lo spettatore/lettore, stimolato dal racconto, sospenda volontariamente il dubbio circa la fattibilità degli eventi, anche se questi sono incoerenti con la sua esperienza cognitiva. Quando ciò avviene, mettiamo da parte il nostro essere spettatori e ci immedesimiamo nella storia lasciandoci coinvolgere dagli eventi. Questo processo è stato definito per la prima volta ‘sospensione dell’incredulità’ (suspense of disbelief) da Samuel Taylor Coleridge per descrivere cosa succede alle persone quando iniziano a identificarsi con i personaggi delle vicende narrate in un testo letterario. Si tratta di un elemento fondamentale del racconto fantastico, ma si verifica anche con altri generi narrativi.
Nella prima fase della storia si palesa il concetto di realtà che vige nella trama; da quel momento in poi, esso rappresenta il contesto ‘logico’ di ambientazione delle vicende. Tuttavia, perché il dubbio rimanga sospeso, è importante che non vi siano elementi di incoerenza interna: durante la fruizione del racconto tutto dovrà essere in linea con quell’universo narrativo e apparire verosimile in quel contesto. Coerenza e logicità interna non dovranno mai essere sacrificate, pena la rottura del patto con l’interlocutore.
Perché favorire la ‘sospensione dell’incredulità’ nei messaggi pubblicitari
Lo storytelling è protagonista indiscusso delle pubblicità. Raccontare una storia che coinvolga l’interlocutore nel mondo del brand o di un prodotto specifico è una sfida che un bravo copywriter supera proprio nel momento in cui si attiva nelle persone la ‘volontaria sospensione dell’incredulità’: quando ciò accade, l’interlocutore si immerge nel racconto fino a immedesimarsi nell’esperienza narrata dallo spot.
Le marche sono solite proporre mondi possibili attraverso le loro narrazioni. Il video di Pandora, per esempio, raffigura un mondo immaginario che evoca simboli e valori condivisi dal brand e in cui le persone possono addentrarsi usando la loro immaginazione.
Il sociologo Norbert Wiley, nel suo scritto ‘Suspension of Disbelief as a Bridge between Media and Consumption’, sostiene che la ‘sospensione dell’incredulità’ – anche detta ‘sospensione del dubbio’ – fa sì che il consumatore abbassi la guardia e si ponga in uno stato di rilassamento grazie al quale è più facile che la comunicazione raggiunga il suo scopo e stimoli un’azione da parte dell’interlocutore, che può portare all’acquisto del prodotto presentato.
Come spiega Wiley, i bisogni umani sono prettamente fisici mentre i desideri e le voglie si sviluppano attraverso processi mentali: un oggetto diventa un desiderio grazie al pensiero e all’immaginazione. Nel momento in cui guardiamo uno spot ben costruito, che ci mostra un mondo desiderabile che si può realizzare solo con il consumo di un determinato prodotto o servizio, sospendiamo i processi razionali a cui è abituato il nostro cervello e ci immedesimiamo nell’esperienza presentata; l’acquisto rappresenta l’unico modo per vivere le sensazioni evocate dal messaggio pubblicitario.
Inoltre, l’efficacia della ‘sospensione dell’incredulità’ in pubblicità si rafforza quando il brand ha alcune importanti caratteristiche: è noto (le persone accettano con più facilità il patto funzionale); è di tendenza (un brand già scelto da altre persone appare più affidabile); aderisce a valori condivisi (un messaggio pubblicitario è più efficace quando fa leva su valori riconoscibili e condivisibili dal target).
Detto ciò, non è necessario che tutte le comunicazioni di una marca evochino lo stesso mondo immaginario; lo è per le pubblicità seriali che appartengono alla stessa campagna promozionale, per il resto basta che non si metta in dubbio la coerenza del brand e che il tono di voce sia in linea con quello di sempre.
Inoltre, la multimedialità della comunicazione permette ai brand di cavalcare un flusso di narrazione che acquisisce forza scorrendo su diversi canali mediali che sfociano in più punti di contatto con il pubblico.
Le pubblicità, in genere, hanno un ritmo di obsolescenza rapido e la loro efficacia può esaurirsi presto, ma se una campagna è in grado di ricreare un mondo immaginario attraente ed è declinata con efficacia sui vari media, allora il suo effetto può prolungarsi fino a raggiungere obiettivi considerevoli.
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