La linea della bellezza nell’iconografia pubblicitaria
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La linea della bellezza nell’iconografia pubblicitaria

Dall’arte alla pubblicità, la “varietà” di Hogarth rappresenta da secoli l’ideale da seguire per rendere armoniosa l’immagine del corpo umano. In cosa consiste e perché funziona?

Iconografia e pubblicità

Il termine iconografia deriva dal greco eikṓn -kónos (immagine) e -graphía (grafia) e significa letteralmente “descrizione delle immagini”. È la disciplina, legata alla storia dell’arte, che si occupa di decifrare il significato delle immagini, cercando di identificare, interpretare e classificare i soggetti e i temi raffigurati delle opere d’arte e le fonti da cui essi derivano.

Più in generale, le iconografie descrivono l’insieme dei motivi e criteri che distinguono e inquadrano le immagini dal punto di vista culturale. Si tratta di quegli apparati compositivi che nel corso del tempo si adattano a uno o più soggetti in particolare, permettendone il riconoscimento e la comprensione. Esistono, infatti, determinate strutture compositive che, a forza di essere usate per la loro bontà percettiva nell’esprimere alcuni soggetti, finiscono per applicarsi stabilmente a essi. In questo modo, tali schemi diventano portatori di un significato univoco, convenzionalmente accettato all’interno della cultura di riferimento, come accade per i segni della scrittura.

Per esempio, Dionisio, il dio del vino, della vendemmia e dell’ebbrezza, è solitamente rappresentato con la testa cinta da una corona di grappoli d’uva e foglie di vite e con in mano una coppa di vino. Queste caratteristiche definiscono la sua iconografia.

Pensa ora a un anziano signore corpulento, gioviale e occhialuto, vestito di un costume con inserti di pelliccia bianca, con una lunga barba anch’essa bianca, che si sposta su una slitta trainata da renne portando con sé un sacco colmo di doni. Chi ti viene in mente? Se poi aggiungiamo che magari il costume è rosso, l’associazione con una nota marca di bibite è istantanea.

La pubblicità fa largo uso delle iconografie proprio per il loro potere di trasmettere con immediatezza contenuti di un certo tipo tramite segni precisi, scelti e organizzati in vista della migliore lettura possibile. Queste configurazioni sfruttano sia l’iconografia classica – che rimanda a significati convenzionati – sia tutti quegli iconogrammi che derivano dalla consuetudine pubblicitaria e che con il tempo diventano convenzioni a tutti gli effetti.

Un caso specifico riguarda la maniera in cui il corpo umano, maschile o femminile, viene esibito nelle immagini pubblicitarie, con particolare riferimento al modo di atteggiare la postura del corpo per farlo risultare più attraente e, di conseguenza, favorire il passaggio del messaggio promozionale.

Sono numerosi i metodi che è possibile impiegare per migliorare la struttura compositiva di un visual che vede come protagonista il modello o la modella. In questo articolo ne presento uno: la linea della bellezza.

La bellezza riassunta in una linea

Nel 1745 il pittore, incisore e scrittore inglese William Hogarth dipinge un autoritratto, intitolato Il Pittore con il suo Carlino, in cui, in basso a sinistra, colloca una tavolozza con sopra una linea ondulata a forma di S e la scritta “The Line of Beauty and Grace” (la linea della bellezza e della grazia). Qualche anno più tardi lo stesso autore scrive un saggio dal titolo The Analysis of Beauty (l’analisi della bellezza), pubblicato nel 1753, sul cui frontespizio compare nuovamente la sua serpentina, questa volta all’interno di una piramide poggiata su una base che reca la scritta “Variety” (varietà).

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Nel libro, provocatorio e anticonformista per l’epoca, Hogarth espone le sue teorie sulla bellezza e sulla grazia nella composizione visiva, definendo Linea della Bellezza (line of beauty) proprio la linea curva a forma di S da lui disegnata, un tratto elegante e insolito capace di suscitare l’attenzione dell’osservatore ed evocare il senso di vivacità e movimento.

Tra i principi del bello l’artista inserisce la nozione di “varietà”, in contrapposizione ai pregiudizi correnti di uguaglianza, simmetria e staticità che, a causa della loro manifestazione uniforme, offendono i sensi. La varietà è per Hogart la fonte della bellezza, perché genera tensione visiva e dinamismo stimolando i sensi alla ricerca di un ordine all’interno di un’esperienza variabile.

The Analysis of Beauty è un’opera che affronta problemi riguardanti la percezione delle forme, dei colori, del movimento, del tempo artistico e temi relativi al processo di formazione del gusto e alla comunicazione espressiva, anticipando le esperienze, le analisi e le riflessioni dei grandi autori e artisti che da lì in avanti hanno condotto studi approfonditi sulla psicologia della visione.

La “varietà” nell’immagine pubblicitaria

Il valore compositivo della linea della bellezza era stato intuito anche da pittori e scultori antecedenti a Hogarth che lo hanno sfruttato per rappresentare i soggetti delle proprie opere. Tra i tanti esempi che si possono citare ci sono certamente il David di Donatello e la Nascita di Venere di Botticelli, in cui è facile notare la forma sinuosa che i corpi dei protagonisti assumono.

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L’uso reiterato nel tempo ha fatto sì che la linea della bellezza diventasse una vera e propria iconografia per raffigurare il corpo umano posto in verticale, non solo nell’arte, ma anche nella fotografia e nella pubblicità in generale.

In opposizione alla direzione perfettamente verticale che richiama la staticità, la soluzione per rendere armonici i corpi umani consiste, dunque, nel posizionarli secondo la linea strutturale a S che Hogarth ha definito “varietà”, una linea che fa apparire il soggetto più vitale e interessante, non così terribilmente vincolato alla legge di gravità. Tale risultato compositivo viene ottenuto tramite una leggera piegatura della testa, l’avanzamento di una spalla, un lieve ancheggiamento e l’ulteriore avanzamento di una gamba.

Le immagini pubblicitarie che promuovono i profumi o l’intimo femminile ne sono piene.

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In questo genere di rappresentazione è spesso facile trovare un ulteriore particolare destinato ad aumentare la sensualità dell’immagine: la mano al seno, che se apparentemente sembra destinata a nascondere, in realtà serve proprio per ostentare, ponendo una figura di attenzione, un vero e proprio indice (la mano) su uno sfondo che altrimenti potrebbe rimanere indistinto (il busto nel suo insieme). O ancora, nel caso delle pubblicità di intimo maschile, la linea a serpentina viene abbinata al gesto di portare la mano al mento, quasi a richiamare Il pensatore di Rodin.

Queste immagini sono ovviamente molto cariche, quasi caricaturali: nella realtà a nessuno (o quasi) verrebbe mai in mente di atteggiarsi in tale maniera. Fa parte del ruolo giocato dalla comunicazione pubblicitaria, che deve forzare i toni perché ha poco tempo per farsi capire e non può perdersi in sfumature.

L’utilizzo della linea della bellezza, e più in generale delle iconografie, serve proprio a questo: consentire all’osservatore di afferrare in modo subitaneo il senso dell’immagine, di coglierne il valore nel profondo, di sentirsi attratto e coinvolto, anche senza sapersi spiegare il perché.

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