Food marketing: non è il cibo che fa la differenza
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Food marketing: non è il cibo che fa la differenza

Nel passaggio da una visione product oriented a una brand oriented, il neuromarketing ha giocato un ruolo decisivo nel settore alimentare, fino a trasformare la percezione stessa del cibo.

Il mercato dell’alimentazione è da sempre legato alla routine dell’acquisto e del consumo di prodotti di uso quotidiano e alla constatazione che il cibo è necessario per vivere; ma negli ultimi anni si è sviluppata in maniera piuttosto preponderante la tendenza a considerare i prodotti alimentari non solo nella loro funzione ma soprattutto nella loro forma, connotandoli con significati valoriali ed esperienziali.

In altre parole, si è consolidato il passaggio da una visione del cibo come mero prodotto che soddisfa un bisogno primario a una visione che trasforma il mangiare in un’esperienza da vivere. Il focus della comunicazione non è più sul cibo ma sulle persone, con i loro stili di vita, le loro abitudini di consumo, le loro emozioni, percezioni e motivazioni inconsce. Alla base di tale cambiamento di prospettiva vi sono studi neuroscientifici – poi applicati al marketing – che hanno dimostrato che, di fronte a una scelta di prodotti, prima reagiamo emotivamente e solo dopo attiviamo la parte razionale.

“Non siamo macchine pensanti che si emozionano, ma macchine emotive che pensano.” – Antonio Damasio

È chiaro che le persone sono piuttosto emotive nel compiere le loro scelte d’acquisto: nella competizione tra prodotti della stessa tipologia il ruolo più importante è giocato dalle associazioni inconsce che il prodotto suscita nel consumatore. È per questo che comprendere i processi cognitivi che si attivano nel momento della scelta aiuta a definire strategie di comunicazione utili per presentare al meglio il prodotto e far ricadere la preferenza su di esso rispetto a quello dei competitor.

Che sia all’interno di un ristorante, in un supermercato o su un sito web, il modo in cui il cibo è presentato influenza la sua percezione.

Indagare i meccanismi cognitivi che guidano la mente nei processi decisionali è il compito del neuromarketing: studi di questo tipo valutano l’efficacia comunicativa di un prodotto o di un’azione promozionale misurando le reazioni emotive indipendentemente dagli aspetti razionali e consapevoli. Per esempio, l’immagine del brand, il design, il packshot, il posizionamento, il prezzo, il colore, il coinvolgimento sensoriale dell’ambiente di riferimento, lo storytelling, ecc. sono tutti elementi in grado di attivare le diverse aree del cervello che guidano la percezione: modificando anche solo alcuni di essi e lasciando invariato il contenuto, le aspettative del potenziale acquirente non saranno più le stesse.

La scelta del consumatore è condizionata anche da altri fattori che subentrano dopo la prima impressione, come la consapevolezza di chi cerca qualcosa che risponda alle proprie esigenze e al proprio stile di vita. Una segmentazione dei consumatori può portare a definire diverse varianti dello stesso prodotto. Per esempio, un cibo comune come la pasta può essere declinato a seconda delle nicchie identificate e dei momenti di consumo: una pasta per uso quotidiano in un packaging semplice e funzionale pensata per chi vuole un pasto veloce, una pasta in un formato particolare con un packaging raffinato per le occasioni speciali, una pasta bio con un visual che richiama la salubrità degli ingredienti per chi desidera un prodotto sano e così via.

Comunicare il senso del cibo

Oggi il cibo non è più un prodotto scelto passivamente dagli scaffali di un qualsiasi supermercato per effetto di una pubblicità che lo descrive come il più buono di tutti, ma coinvolge la sfera della sensorialità di consumatori sempre più esigenti e consapevoli; e in qualità di prodotto sensoriale si adatta particolarmente a essere raccontato.

La sinestesia, intesa come l’unione dei sensi che forma la percezione univoca personale, è alla base della costruzione del senso. Niente più che il cibo, quale elemento che caratterizza la nostra quotidianità e protagonista di esperienze di piacere, mette in relazione la mente con il corpo e con l’ambiente esterno coinvolgendo in primo luogo i nostri sensi.

In tutti gli ambiti connessi alla comunicazione del cibo – come il marketing alimentare, il food advertising, la promozione enogastronomica e il marketing sensoriale ed esperienziale – il cibo diventa il veicolo intorno a cui costruire un universo di senso definito da valori identificativi e di appartenenza. Comunicazioni o ambienti privi di richiami a significati più profondi legati alla convivialità, alla tradizione o alle ritualità gastronomiche non emozionano il consumatore che, invece, preferisce – ora che mangiare non è più solamente una necessità primaria – vivere un’esperienza identificativa.

“I sapori non sono nel cibo, ma vengono creati dal nostro cervello e la percezione del gusto è un processo complicato che coinvolge non solo i cinque sensi, ma anche memoria, emozioni e ricordi.” – Gordon Sheperd

Ecco perché il neuromarketing arriva dove le metodologie classiche non riescono. Le neuroscienze applicate al marketing offrono non pochi vantaggi a chi opera nel business del food perché permettono di presentare il brand e i suoi prodotti usando diversi accorgimenti che ne condizionano la percezione e che sfruttano le associazioni implicite del consumatore con determinate idee, concetti o emozioni. La capacità di connotare emotivamente il cibo attraverso un racconto coinvolgente può determinare un successo commerciale.

Se attraverso la comunicazione riusciamo a coinvolgere l’interlocutore e a creare alte aspettative di qualità, possiamo condurre a una sensazione positiva derivante dall’esperienza stessa del prodotto. Non si tratta solo di pasta, pane o vino, ma di alimenti che si inseriscono nel mercato dell’esperienza narrando storie coinvolgenti ed emozionanti. Le persone sono disposte anche a pagare di più per sentirsi parte attiva della storia di un prodotto, perché quello che desiderano è nutrirsi di emozioni.

Punti di vista (2)

  1. Roberta

    Una analisi molto efficace. L’emozione riveste un ruolo sempre più decisivo, influenzando il comportamento di acquisto e talvolta i gusti stessi. Importante per chi fa comunicazione è mantenere il senso etico del cibo.

    1. Nunzia Fiacchino

      Grazie per il tuo commento, Roberta. Hai ragione a sottolineare l’importanza dell’emozione nelle nostre scelte. Chi fa comunicazione dovrebbe sempre agire in maniera etica, soprattutto quando fa leva sugli aspetti inconsci del consumatore, perché si fa presto a scadere nella manipolazione.

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