Emoticon ed emoji nel servizio clienti: sì o no?
Comunicazione \ Marketing \ \

Emoticon ed emoji nel servizio clienti: sì o no?

Possono aggiungere calore relazionale alle interazioni, ma anche dare la sensazione di essere meno competenti. Come e quando utilizzare le emoticon e gli emoji nei messaggi di assistenza?

Umanizzare le relazioni digitali

Negli ultimi anni il servizio clienti si è spostato dai canali di comunicazione classici, come il telefono, a quelli digitali, primi fra tutti le chat e i sistemi di messaggistica privata. Il passaggio è stato imposto dal modello di interazione indotto dal largo uso dei social network. Le persone che affollano questi ambienti sono avvezze a conversare scrivendo post e scambiandosi messaggi; le aziende, dal canto loro, fanno di tutto per farsi trovare e relazionarsi con il pubblico tramite le funzioni disponibili sulle varie piattaforme.

L’assistenza clienti viene prestata usando perlopiù la parola scritta, un tipo di comunicazione in cui vengono meno le componenti paraverbali e non verbali del linguaggio, come ritmo, intonazione, qualità della voce, espressioni del volto, gesti e postura. Queste sono fondamentali per avere uno scambio comunicativo completo ed efficace, nel quale le incomprensioni siano ridotte al minimo e ci si capisca subito e bene.

In un contesto interattivo come quello del customer care, che di solito vede coinvolti due soggetti umani, esprimersi soltanto attraverso il testo può creare alcuni disagi. La conversazione può facilmente assumere un tono troppo formale, impersonale, distaccato, persino freddo, e la qualità della comunicazione può risentirne, abbassando di molto la soddisfazione del cliente nei confronti dell’esperienza e dell’azienda.

La presenza di emoticon ed emoji nei messaggi scritti può ridurre questi inconvenienti perché aiuta il mittente a trasmettere emozioni ed empatia e permette al destinatario di comprendere meglio il tono della conversazione e le intenzioni di chi scrive. Le faccine sono strumenti visivi che riescono a colmare, almeno in parte, le lacune del testo dovute alla mancanza dei segnali tipici della comunicazione paraverbale e non verbale. Il loro valore risiede nella capacità di rendere più umana la relazione, aumentare il coinvolgimento e diminuire la distanza tra gli interlocutori, dando vita a una forma di comunicazione che in un precedente articolo ho definito scrittura faccia a faccia.

Gli obiettivi che si propone di raggiungere questo tipo di linguaggio sono alla base delle attività di Social Media Marketing, tra le quali figura l’assistenza clienti, ed emergono in tutte le fasi del rapporto, da quando si stabilisce il primo contatto alla gestione del pre e post vendita.

Diversi studi hanno provato che l’aspetto umano è uno dei fattori che incide di più nel miglioramento del servizio clienti. Per questo ha senso fare uso di emoticon ed emoji da parte di chi presta assistenza, perché può favorire lo sviluppo di una relazione più naturale, amichevole e gradevole. In particolare, una ricerca della Penn University ha dimostrato che il loro impiego può aumentare la soddisfazione dei clienti del 78% rispetto all’uso del testo semplice.

Inoltre, data la familiarità delle persone con questi dispositivi comunicativi, il loro utilizzo è di certo adatto per supportare l’efficacia del dialogo azienda-cliente attraverso i social media.

Questo, però, non significa che nei messaggi di assistenza basti inserire uno smiley perché l’interazione risulti positiva. Lo scopo è connettersi con il pubblico a un livello più umano, ma per farlo nel migliore dei modi è necessario rispettare una serie di norme e buoni principi che è bene conoscere.

Calore vs competenza

L’uso delle emoticon e degli emoji nel servizio clienti non va preso alla leggera. Se fatto in modo sbagliato, invece di produrre effetti positivi può ritorcersi contro l’azienda e rovinare il rapporto con il pubblico. Per fornire un’esperienza soddisfacente è necessario comprendere le esigenze del cliente e il tipo di interazione che intende avere.

Nel 2018 Xueni (Shirley) Li, Kimmy Wa Chan e Sara Kim hanno condotto un’interessante ricerca sul modo in cui le persone interpretano l’utilizzo delle emoticon da parte dei dipendenti delle aziende nei servizi di assistenza online. Attraverso esperimenti di laboratorio e sul campo – analizzando i contesti d’uso relativi a strumenti multimediali come e-mail, Facebook e Instant Messenger – gli studiosi hanno scoperto che gli utenti valutano i dipendenti che fanno uso di emoticon su due piani diversi: calore (warmth) e competenza (competence). In particolare, è emerso che mediamente i clienti considerano i dipendenti che usano le emoticon come più calorosi e piacevoli, ma allo stesso tempo li percepiscono come meno competenti di coloro che usano solo testo semplice.

Questi risultati dipendono da due fattori principali:

  • l’orientamento del cliente alla relazione o alla transazione;
  • l’esito positivo o negativo del servizio di assistenza.

Riguardo al primo punto, si evince che l’uso delle emoticon può avere effetti positivi sulla soddisfazione dei clienti che sono maggiormente orientati alla relazione verso l’azienda; in presenza di un’interazione espansiva e affabile si sentono più a loro agio e quindi sono portati a ritenere migliore il servizio offerto. Per i clienti che invece sono orientati alla transazione conta di più la competenza di chi li assiste; l’uso delle emoticon nei loro confronti fa apparire i dipendenti come meno competenti e riduce le probabilità che apprezzino la qualità del servizio.

Riguardo al secondo punto, quando l’assistenza è ritenuta insoddisfacente (tempi di risposta lunghi, il problema non è stato risolto ecc.), l’uso delle emoticon da parte dei dipendenti tende a peggiorare la situazione e a diminuire la soddisfazione dei clienti, perché questi saranno concentrati più sulla competenza che sul calore relazionale. Al contrario, quando il customer care affronta con successo le esigenze dei clienti, i messaggi accompagnati da emoticon aumenteranno il gradimento del pubblico.

Gli effetti descritti si applicano a tutte le emoticon, indipendentemente dal fatto che il simbolo utilizzato abbia connotazioni positive o negative.

Dalla ricerca presentata si comprende bene che l’uso delle emoticon e degli emoji è subordinato alla comprensione della personalità, delle preferenze e delle aspettative del destinatario. Un primo passo in questa direzione consiste nell’assecondare il comportamento del cliente. Come? Attraverso il mirroring.

Rispecchiare il cliente

Il rispecchiamento o ricalco (mirroring) è una tecnica PNL che serve per stabilire un rapporto di fiducia con l’interlocutore. Si tratta di imitare il suo comportamento per incoraggiarlo a pensare che siamo come lui e quindi a fidarsi inconsciamente di noi. Aiuta a creare un legame con l’altra persona e la fa sentire più a suo agio nell’interazione.

In genere il mirroring si usa negli scambi comunicativi faccia a faccia, ma è comunque possibile applicarne le regole di base anche nelle relazioni digitali, come quelle che si hanno nei servizi di assistenza a distanza.

Per quanto concerne le emoticon e gli emoji, in linea di principio è bene non usarli quando si avvia una conversazione, soprattutto nel caso di un nuovo cliente. Questo perché in fase di primo contatto non si sa nulla sull’altra persona, su come si sente e su come vuole impostare il dialogo. Meglio mantenersi neutri, mostrare educazione e lasciare all’utente l’iniziativa.

Da lì in avanti bisogna procedere osservando con attenzione l’atteggiamento e il linguaggio dell’interlocutore, cercando di rispecchiarlo con naturalezza, senza far apparire forzato questo comportamento. Se il cliente comunica in modo informale, ha senso rispondere con tono amichevole e familiare, e viceversa; se utilizza un’emoticon, si può fare altrettanto, e così via.

Usare le faccine come fa l’utente consente a chi presta assistenza di mostrare empatia, vicinanza e partecipazione, elementi chiave in qualsiasi tipo di comunicazione che mira a costruire un rapporto. Le persone entrano in sintonia con chi si comporta e si esprime come loro, e farlo attraverso le emoticon e gli emoji permette di stabilire in fretta una forte connessione a livello inconscio.

Ovviamente il ricalco ha senso solo dove appropriato e quando la conversazione prende la giusta piega. Se lo scenario è positivo, si può procedere imitando le manifestazioni del cliente, perché di sicuro saranno anch’esse positive; in questo caso l’effetto sarà di rinforzo. Se al contrario le circostanze sono sfavorevoli, perché magari il cliente è nervoso o irritato, il suo atteggiamento non va assolutamente riprodotto, cercando invece di sciogliere la tensione e risolvere il problema.

È importante prestare particolare attenzione all’umore. Più di ogni altra cosa i clienti vogliono essere compresi. Se sono stanchi o frustrati, non vogliono simpatia, vogliono qualcuno che capisca come si sentono. Se sono arrabbiati, è preferibile non usare affatto le faccine, si rischierebbe di peggiorare la situazione e di perdere il contatto. Se invece sono di ottimo umore e usano le emoticon o gli emoji per comunicarlo, non rispecchiare questo comportamento potrebbe dare l’impressione di un servizio clienti freddo e distante.

Come accade per le parole, è meglio evitare il più possibile le faccine che hanno un significato negativo, ambiguo o inappropriato (come quella che sbuffa, quella arrabbiata, innamorata, che manda baci ecc.) perché possono indisporre il cliente e porlo in uno stato psicologico avverso alla comunicazione. Allo stesso modo, conviene fare a meno delle emoticon che possono essere facilmente fraintese, perché si rischia di invalidare la comprensione del messaggio che si vuole trasmettere; il senso di certi simboli, infatti, varia a seconda della cultura, delle abitudini e delle convenzioni linguistiche adottate.

In ogni caso è consigliabile non eccedere con l’uso di emoticon ed emoji; da un lato, potrebbe scoraggiare i clienti nel proseguire con la conversazione; dall’altro, potrebbe apparire come poco professionale, con ricadute sulla percezione di qualità dell’assistenza. Inoltre, se non si è certi che l’interlocutore stia rispondendo positivamente al tipo di comunicazione, o se smette di usarli, è meglio fare altrettanto e proseguire solo con il testo.

Emozioni e tono di voce

Un’ultima considerazione va fatta in merito alla coerenza comunicativa dell’azienda.

Le emoticon e gli emoji, come abbiamo visto, sono un valido supporto per rendere più umana la relazione con il pubblico attraverso il servizio clienti. Il loro uso, però, deve tener conto del tono di voce dell’azienda. Bisogna chiedersi, cioè, se è coerente con il modo di esprimersi e di comunicare che normalmente viene utilizzato attraverso tutti gli altri canali: sito web, social network, adv, video, assistenza telefonica, punto vendita ecc.

Tutte le manifestazioni devono condividere lo stesso codice emotivo, opportunamente declinato in funzione dei contesti e delle circostanze, in maniera tale da offrire una visione coesa della comunicazione aziendale e un’immagine perfettamente aderente all’identità.

Un’azienda che si propone come vicina al cliente, sempre aperta e disponibile, che espone in pubblicità visi sorridenti e un animo giocoso, non può poi avere un customer care formale, poco amichevole e per nulla spontaneo: risulterebbe poco credibile. Allo stesso modo, un’azienda che si presenta con un tono serio, che ha un’immagine pubblica ufficiale e autorevole, non dovrebbe prestare assistenza con troppa leggerezza, mostrando un atteggiamento e un linguaggio eccessivamente easy: apparirebbe poco professionale e non all’altezza.

Le emoticon e gli emoji sono una risorsa da usare con criterio nel servizio clienti, iscrivendo il loro impiego nel più ampio panorama della comunicazione dell’azienda. Solo così possono offrire un vero valore aggiunto, che è quello di trasmettere emozioni, aggiungere espressività ai messaggi, rendere le conversazioni più piacevoli e coinvolgenti, migliorare l’esperienza complessiva.

Punti di vista

E tu cosa ne pensi?