È “di design”, ma cosa vuol dire?
Design

È “di design”, ma cosa vuol dire?

Non ha a che fare con la bellezza, con il lusso o con la moda. È quella cosa che quando c’è davvero non ci si accorge nemmeno della sua presenza. È il buon design.

Design è un termine che spesso cade vittima di interpretazioni sbagliate. In italiano se ne fa un uso specifico e non generale, riferendolo il più delle volte allo stile moderno, e apparentemente di tendenza, di oggetti di arredamento oppure, in senso più ampio, alla moda o alla decorazione di interni. In molti casi è utilizzato erroneamente per definire un prodotto di qualità o di ricercata personalità estetica. In inglese, invece, il termine è meno connotativo ma più efficiente poiché viene inteso nell’accezione di “progetto” o “progettazione”.

Per design, infatti, è giusto intendere la progettazione e la realizzazione di oggetti, materiali o concettuali, per un uso o scopo specifico attraverso procedure prestabilite e ripetibili.

I settori interessati sono molteplici e si possono racchiudere in tre campi principali:

  • Design del prodotto: design dell’arredo, design automobilistico, design navale e nautico, design della moda, packaging design, ecc.
  • Design degli ambienti e degli spazi: progettazione e allestimento di ambienti interni ed esterni.
  • Design della comunicazione: brand design, web design, verbal design, interaction design, food design, ecc.

Sono oggetti di design una lampada, un’automobile, un abito e un giardino pubblico, ma anche un logo, l’interfaccia di un’app e il claim di un messaggio di marketing, e perfino l’organizzazione di un evento e l’allestimento di una mostra.

Se è inutile non è design

“Il problema di design nasce da un bisogno.” – L. B. Archer

Un oggetto di design è progettato con l’intenzione di soddisfare uno specifico bisogno. Il concetto di intenzione è fondamentale: il design ragiona per procedure, cioè stabilisce un insieme di operazioni le cui caratteristiche sono determinate da una finalità precisa che deve essere ben chiara a monte del processo.

Per raggiungere lo scopo l’oggetto deve poter essere prodotto, riprodotto e utilizzato dal pubblico. Produzione, riproducibilità, diffusione e consumo, pertanto, sono fasi intrinseche del processo di design.

La forma è solo un aspetto del design e asseconda sempre la funzione.

Progettare non significa solamente inventare la forma di un oggetto e replicarla, vuol dire anche pensare il prodotto all’interno di una strategia complessiva, metterlo in opera nella società e verificare che sia realmente utile alle persone. Perciò una sedia bella ma scomoda, un sito web graficamente attraente ma poco funzionale, un testo interessante ma difficile da leggere sono ugualmente esempi di cattivo design.

Il design deve rispettare sia i vincoli fisici (spazio, tempo, materiale) che gli aspetti psicologici e culturali degli utenti a cui si rivolge. Una soluzione elegante di design, infatti, si caratterizza per la sua capacità di soddisfare tutte le condizioni esteriori con una piacevole economia di mezzi preservando la qualità e la gradevolezza dell’esperienza complessiva.

Design = intenzione + forma + funzione + vincoli

Il buon design è invisibile

Il design ha il compito di organizzare la complessità e di gestire l’interazione tra uomo e tecnologia. Quando lo fa bene, i risultati prodotti sono brillanti e soddisfacenti. Quando lo fa male, i prodotti sono difettosi, inutilizzabili, causa di grande irritazione e frustrazione.

Fare del buon design significa soddisfare non solo le esigenze tecniche, produttive ed ergonomiche, ma anche tener conto dell’intera esperienza utente e della qualità dell’interazione. L’esperienza è cruciale perché determina la tonalità del ricordo che rimane dell’uso degli oggetti.

Per offrire una piacevole esperienza d’uso è necessario partire dall’analisi dei bisogni, delle capacità e dei comportamenti umani, plasmando attorno a essi la progettazione e la realizzazione degli artefatti.

L’obiettivo è accertare prima i reali bisogni della gente e poi soddisfarli. Per questo in genere il buon design si nota molto meno di quello cattivo, perché risponde così bene ai bisogni delle persone da diventare invisibile, prestando i suoi servizi senza richiamare l’attenzione.

Il design è arte?

“Il sogno dell’artista è comunque quello di arrivare al Museo, mentre il sogno del designer è quello di arrivare ai mercati rionali.” – Bruno Munari, Artista e designer

Sono diverse le caratteristiche che distinguono il design dall’arte.

Scopo. Un artista con le sue opere dà espressione alle proprie qualità individuali (personalità, carattere, umore, stato d’animo) per ottenere qualcosa “di bello” che ha tutto il diritto di essere inutile. Un designer ha un’urgenza a cui rispondere: non si limita all’immaginazione in sé stessa, o all’espressione arbitraria del gusto personale, ma si attiene a una serie di parametri che devono far risultare il prodotto adeguato alle esigenze dei consumatori.

Metodo. Normalmente l’artista non necessita di un metodo progettuale: concepisce le sue opere usando tecniche classiche o comunque già sperimentate, tecniche che gli sono familiari e con le quali riesce a esprimersi secondo il proprio gusto. Il designer, invece, deve avere un metodo che gli consenta di realizzare il suo progetto con la materia giusta, le tecniche adatte e nella forma corrispondente alla funzione; l’oggetto prodotto non presenta solo qualità estetiche ma tutte le componenti, compresa quella economica, sono considerate allo stesso livello.

L’arte è soggettiva, manda un messaggio diverso a ciascuno, si presta a interpretazione. Il design è oggettivo, manda lo stesso messaggio a tutti, si preoccupa che il pubblico capisca il prodotto e lo sappia utilizzare.

Riproducibilità. Un’opera d’arte conserva l’unicità che la contraddistingue; un oggetto di design, invece, non esiste in originale ma nelle sue copie, deve poter essere riprodotto in modo identico su vasta scala e in tempi adeguati al mercato.

Un lavoro di design

Io mi occupo di Design della comunicazione: aiuto le aziende a comunicare meglio, a creare relazioni con il pubblico e a stabilire rapporti commerciali. La cosa che più mi piace del design – e che rappresenta la parte più entusiasmante del mio lavoro – è la sua capacità, quando è fatto bene, di fondersi con la vita delle persone, rendendola più semplice e qualitativamente migliore, un po’ ogni giorno.

Il buon design riduce l’entropia della vita quotidiana.

Concludo con le parole di chi del design ne ha fatto un’arte:

“Ancora prima che venisse usato il termine design per definire una produzione giusta per oggetti che rispondono a funzioni necessarie, tali oggetti erano già in produzione e si continuano a produrre, e ogni volta vengono migliorati secondo i materiali e le tecnologie usati. Sono oggetti di uso quotidiano nelle case e nei posti di lavoro e la gente li compera perché non seguono le mode, non hanno problemi di simboli di classe, sono oggetti ben progettati e non importa da chi. Questo è il vero design.” – Bruno Munari, Da cosa nasce cosa

Punti di vista (1)

  1. Marco

    Grazie! Con questo articolo/riflessione mi hai davvero chiarito un termine molto spesso anche abusato restituendogli quel significato che lo rende ben chiaro.

E tu cosa ne pensi?