Dal caso nasce il caos
Design

Dal caso nasce il caos

Causalità e casualità sono scritte in modo simile, ma hanno significati molto diversi. Si può scegliere dove mettere la “s” e cambiare così il senso delle parole e di ciò che rappresentano.

Il lavoro di un designer professionista si distingue per il grado di abilità e competenza che dimostra nello svolgimento della propria attività. È una persona esperta, dalla quale ci si aspetta che sappia sempre con esattezza cosa sta facendo e quali risultati produrrà la sua opera. Essere organizzato e avere il pieno controllo della situazione è una sua prerogativa; questo gli consente di tracciare una rotta che conduca agli esiti attesi e offrire una sensazione di affidabilità e sicurezza ai clienti.

Un vero designer non agisce mai a caso, o almeno così dovrebbe essere. Questo significa che è sempre consapevole delle scelte che fa. Nel suo lavoro vige il determinismo, il principio di causalità in base al quale tutto accade secondo rapporti di causa ed effetto. Ogni scelta è intenzionale, ogni azione è motivata e mira a produrre una precisa reazione. L’uso di una parola, di un colore, la posizione e la forma di un elemento non sono mai accidentali, ma fanno parte di un disegno ben definito. Questo vuol dire progettare.

Solo nella fase di brainstorming, utile a dar vita al concept, ha senso lasciar correre le idee a briglia sciolta, anche se poco razionali o del tutto prive di senso. Ma una volta entrati nella fase esecutiva non c’è spazio per il caso.

Anche nei lavori di design più creativi e fantasiosi gli effetti casuali sono solo apparenti; alla base c’è un preciso metodo compositivo che si regge sulla conoscenza e l’applicazione delle regole, mai sull’improvvisazione. È la padronanza dei criteri progettuali che consente al designer di rompere lo schema all’occorrenza, ma sempre con consapevolezza, mantenendo intatta la coerenza e la sostanza del progetto.

Quando invece ci si affida al caso, il risultato che si ottiene è quasi sempre approssimativo, disordinato e confuso. Oltre ai limiti estetici e funzionali che porta con sé, un progetto del genere suscita nei destinatari una sensazione di disagio, più o meno conscia, che ne peggiora la qualità della vita. È il caos, è cattivo design. Se si è fortunati, si riuscirà forse a produrre qualcosa di accettabile, ma difficilmente sarà possibile ricostruirne il processo, replicarlo e migliorarlo se occorre.

In un precedente articolo ho scritto che il buon design riduce l’entropia della vita quotidiana, riferendomi alla sua capacità di semplificare e migliorare l’esistenza delle persone; il buon design, dunque, inteso come un sistema per combattere il caos che invade la vita di tutti i giorni. È questo il significato profondo di questo lavoro, ciò che distingue le cose fatte bene da quelle fatte male.

Ogni professionista ha la possibilità di scegliere da che parte stare: portare ordine o creare disordine, causalità o casualità, decidere dove mettere la “s” per cambiare il senso delle cose che fa. È una precisa scelta, non un caso.

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