Nel suo ruolo chiave di filtro tra organizzazioni e utenti, il Social Media Manager ha una grande responsabilità. Ma non è l’unico, siamo tutti coinvolti.

Anatomia della (dis)informazione su Facebook
Abbiamo a disposizione una quantità di contenuti che non ha precedenti nella storia dell’informazione, eppure leggiamo solo quello che ci conviene.
Dare ascolto alle notizie che confermano le nostre idee sembrerebbe una propensione naturale, ma che succede se ci fermiamo solo a quelle? Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica americana Proceedings of the National Academy of Science ha analizzato la modalità di fruizione delle informazioni su Facebook.
I social media e la crescita esponenziale dei blog hanno cambiato radicalmente il modo in cui le persone si informano e formano le loro opinioni. Nella ricerca delle notizie su Facebook siamo condizionati dai nostri preconcetti e andiamo a caccia di quelle che li confermano o, addirittura, alimentano. In pratica ci facciamo un’idea delle cose sulla base di quello che pensiamo già. Questo spiegherebbe anche la predisposizione a farci influenzare dagli altri sui social e l’eccessiva fiducia che abbiamo rispetto alle nostre convinzioni, riscontrabile in una sorta di narcisismo digitale.
La ricerca, realizzata da alcune università (i ricercatori sono quasi tutti italiani), è stata condotta analizzando le interazioni di 376 milioni di utenti su 920 pagine Facebook di quotidiani e agenzie stampa, tra gennaio 2010 e dicembre 2016. Sono sempre di più le persone che acquisiscono le notizie sui social network, utilizzandoli come dei veri e propri media di informazione: ma in che modo lo fanno? Dall’indagine emerge che le interazioni si focalizzano su poche pagine istituendo così delle comunità dominanti su Facebook. Le persone selezionano solo alcune notizie, fermandosi a quelle che rafforzano il loro modo di vedere, anche quando queste sono palesemente false e contraddittorie.
“There is a natural tendency of the users to confine their activity on a limited set of pages. According to our findings, news consumption on Facebook is dominated by selective exposure.”
La fruizione delle notizie su Facebook è fortemente affetta dalla tendenza delle persone a circoscrivere la loro esposizione a poche fonti, nonostante la grande disponibilità di contenuti.
Questa sorta di paraocchi da utente medio ha generato spazi di conversazione in cui si dibatte a suon di punti di vista ciechi, dove echeggiano pensieri basati sulla conoscenza di una sola parte dei fatti, il più delle volte infondati.
Il problema della disinformazione è diventato serio quando le notizie false, o “bufale”, hanno invaso e poi predominato queste stanze (le echo-chambers). Il tema è molto dibattuto, ovunque: se ne occupano i giganti di internet introducendo algoritmi anti fake news, se ne è occupata anche la Camera dei Deputati ieri, 10 maggio, con un incontro dedicato alla comunicazione al tempo dei social e in particolare alle conseguenze della propagazione di notizie false sul web.
Insomma, se ne parla ovunque. Sembra però che gli unici a non preoccuparcene siamo noi utenti, spettatori e attori di questo scenario dilagante. Proprio noi che in verità contribuiamo ad accrescere la diffusione delle notizie false, condividendo ogni volta che troviamo conferma alle nostre tesi e commentando quando possiamo unirci in un unico grido, tutto senza verificare la veridicità dei fatti.
La disinformazione è diventata così un vero e proprio virus dal quale nessuno è immune. Come ci si difende allora? Non c’è antidoto fatto di algoritmi che tenga, se continuiamo a credere a tutto quello che ci passa davanti solo perché ci fa comodo. L’unico rimedio che abbia mai funzionato è la conoscenza, nella dose minima che basti a riconoscere il volto della cattiva informazione e smascherarlo ogni volta che tenta di accalappiarci.
Sviluppare un’abilità nell’individuare il falso osservandolo da vicino, è un modo, forse, per prenderne le distanze e preservare l’intelligenza critica nei confronti dei fatti.
La conoscenza è alla base delle nostre difese: se conosciamo, riconosciamo.
Punti di vista